“Pierre Dupont schiaccia il pulsante 1800. L’apparecchio chiede di avere un istante di pazienza, poi emette la somma stabilita ricordandogli di non dimenticare la carta di credito. «Grazie della vostra visita» conclude, mentre Pierre Dupont sistema le banconote nel portafoglio (...).
Scorre rapidamente con lo sguardo le vetrine lussuose (gioielli, abiti, profumi), si ferma alla libreria, sfogliando qualche rivista prima di scegliere un libro poco impegnativo (viaggio, avventura, spionaggio), e poi riprendere la sua passeggiata senza impazienza. L’uomo assapora la sensazione di libertà datagli sia dall’essersi sbarazzato del bagaglio sia, più intimamente, dalla certezza di dover solo attendere il corso degli avvenimenti una volta ‘messosi in regola’ grazie al fatto di aver intascato la carta di imbarco e declinato la propria identità. ‘A noi due Roissy!’: non è in questi luoghi sovrappopolati, dove si incrociano, ignorandosi, migliaia di itinerari individuali, che sussiste oggi qualcosa del fascino incerto dei terreni incolti, delle sodaglie e degli scali, dei marciapiedi di stazione e delle sale d’attesa dove i passi si perdono, di tutti i luoghi dell’incontro fortuito dove si può provare fuggevolmente la possibilità residua dell’avventura, la sensazione che c’è solo da ‘vedere cosa succede’?”

M. Augè, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità



Da un'idea di Giulia De Giorgi, Michela Murialdo, Giovanni Paolin, Roberta Perego, Davide Spagnoletto
PIERRE DUPONT è un progetto a cura di Giulia De Giorgi, Michela Murialdo, Roberta Perego


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website: Paolo Cagliero

logo design: Cren Design

PIERRE DUPONT

PIERRE DUPONT è il “Signor Chiunque”, identità adattabile che persegue la strada dell’accessibilità e della partecipazione, secondo una pratica curatoriale inclusiva. Collettivo senza fissa dimora, PIERRE DUPONT è interessato all’idea di “abitabilità dei luoghi” come possibile attivazione di relazioni inesplorate e di nuovi insiemi semantici.

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Hortus (in)conclusus

Museo d’Arte Contemporanea, Alcamo
07.07 — 09.09.2018

Pierre Dupont presenta Hortus (in)conclusus, mostra collettiva ideata per il Museo di Arte Contemporanea di Alcamo, invitando gli artisti Francesco Cardarelli, Francesca Ferreri, Cristiano Focacci Menchini, Milotta/Donchev, Carmelo Nicotra, Leonardo Petrucci, Ambra Pittoni e Paul-Flavien Enriquez-Sarano, Nuvola Ravera, Giulio Saverio Rossi, Francesco Simeti, Elisa Strinna.

Il Museo è ospitato all’interno del Seicentesco Collegio dei Gesuiti, affascinante architettura non conclusa: il progetto originario prevedeva la costruzione di quattro ali che avrebbero dato origine a un hortus conclusus, o giardino cinto. Partendo da questo luogo mai realizzato, ma immaginato, la mostra desidera trasformare il Museo stesso in un “giardino”, inteso come spazio di cambiamento, di aggregazione e di incroci. Gli artisti sono invitati a riflettere attorno all’idea di crescita, di confine e di immaterialità, considerando ogni lavoro come un microcosmo mutevole capace di dialogare con la storia e la fisionomia del luogo.

Riprendendo il concetto di "friches" – termine con cui il paesaggista Gilles Clement definisce l’incolto che cresce ai margini delle strade – la mostra supera i confini museali per estendersi ad altri luoghi storici della città di Alcamo. Concepiti come momenti di apertura del museo-giardino verso l’esterno, questi interventi generano ulteriori occasioni di incontro tra ricerca artistica e pubblico.

 

Con il contributo del Comune di Alcamo

La mostra rientra nel programma di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018

Francesco Cardarelli, Francesca Ferreri, Cristiano Menchini, Milotta/Donchev, Carmelo Nicotra, Leonardo Petrucci, Ambra Pittoni e Paul-Flavien Enriquez-Sarano, Nuvola Ravera, Giulio Saverio Rossi, Francesco Simeti, Elisa Strinna.

Parabola

i8 — spazi indipendenti, ArtVerona
13 — 16.10.2017

Pierre Dupont incontra per i8 – spazi indipendenti Milotta/Donchev, i cui lavori propongono un’indagine multidimensionale capace di sondare i diversi strati della realtà circostante.

Pierre Dupont vive di spostamenti, temporaneità, contatti virtuali. Solo così può intrecciare relazioni di appartenenza a luoghi, persone, storie e attivare delle esperienze reali. Il viaggio per Pierre Dupont è lo strumento imprescindibile per creare uno scambio e vivere uno spazio concreto.

A i8, interpretando il tema proposto per l’edizione corrente, Pierre Dupont intraprende un viaggio scomodo, fuori dagli schemi, per esplorare nuove possibilità di appartenenza a luoghi non fisici e per indagare le possibilità del virtuale. Non il virtuale della condivisione immediata di informazioni, della fruizione istantanea e della presenza superficiale: piuttosto quello dell’immaterialità e dell’invisibilità, che richiedono attesa, pazienza, profondità.

Con PARABOLA Milotta/Donchev presentano un progetto che è, allo stesso tempo, tappa ultima e inizio di un nuovo percorso. La loro proposta è quella di un viaggio al contempo fisico e virtuale, che trasforma lo stand in un luogo di ascolto, di ricezione, di trasmissione, per indagare il sottile mondo dell’elettromagnetismo. Il progetto raccoglie due lavori inediti: Parabola, composto da un video e da una scultura, e Antennae, video sviluppato durante la residenza full(y)grounding di BridgeArt, a Noto.

PARABOLA si fa testimone di innumerevoli idiosincrasie, tra naturale e artificiale, trasmissione e ricezione, tattile e impercettibile, scientificità e superstizione. Gli artisti, esplorando le proprietà fisiche del suono, riportano i concetti di trasmissione e ricezione anche alla sfera umana, per indagare, attraverso le potenzialità della comunicazione a distanza, cosa raccogliamo e cosa respingiamo.

Milotta/Donchev

Relazione di appartenenza

Spazio MIL, Sesto San Giovanni (MI)
28.03 — 09.04.2017

Scarica il catalogo ↓

“Fuori da ogni lode generica, la sua grande capacità va oltre il “fare” i modelli: è il capire gli oggetti che poi, lui, con i modelli racconta... Con Sacchi si va oltre il volume: lui fa sentire cosa succede veramente, tattilmente: produce una sensazione evoluta, tanto che un suo modello può soddisfare completamente il designer. Con un modello così, in verità, non si ha quasi più voglia di fare l’oggetto.”
Ettore Sottsass


PIERRE DUPONT incontra Spazio MIL, area multifunzionale dedicata alla creatività e al design. In questo spazio di 2.500 metri quadri hanno trovato ubicazione due luoghi importanti per la storia del design italiano: la Bottega di Giovanni Sacchi, ricostruzione dell’originale di via Sirtori a Milano, e l’Archivio Giovanni Sacchi.
Dall’incontro tra Pierre Dupont e questi luoghi prende forma Relazione di appartenenza, progetto che coinvolge, per un periodo di sei mesi, giovani artisti italiani di formazione e ricerca differenti: Pasquale Loiudice, il duo Giulia Sacchetto e Annamaria Maccapani, Guglielmo Poletti, Marco Secondin, Livia Sperandio e Cren Design.
Il progetto nasce dal desiderio di esplorare nuove possibili forme di appartenenza, della ricerca artistica e curatoriale, a un luogo sconosciuto ed estraneo. Gli artisti, frequentando Bottega e Archivio Sacchi, entrano in dialogo con modelli, manifesti, progetti, disegni, attrezzi, fotografie e qualsiasi altro documento.
La relazione di appartenenza è quella relazione fondamentale che sta alla base della definizione di insieme: essa cattura una proprietà che lega ciascun elemento con l’insieme a cui appartiene. Appartenenza, dunque, come legame tra singole entità e mai come forma di proprietà. Il progetto vede crescere questa affinità di mese in mese, per poi manifestarsi in fase conclusiva nel formato della mostra collettiva. Pierre Dupont persegue questa idea di “abitabilità dei luoghi” come possibile attivazione di relazioni inesplorate, alla costante ricerca di nuovi insiemi semantici.
Moltissimi designer e architetti, tra cui Aldo Rossi, Marcello Nizzoli, Achille Castiglioni, Ettore Sottsass jr e Marco Zanuso, hanno sviluppato e messo a punto i loro prodotti attraverso i modelli di Giovanni Sacchi. Possibile spunto di riflessione durante i mesi di progetto è proprio il concetto di modello: allo stesso tempo astrazione e materializzazione di un’idea, oggetto che nasce con la finalità di diventare altro da sé. Gli artisti sono invitati a riflettere sullo spazio e sul tempo esistenti tra intuizione e realizzazione materiale di un’opera, con uno sguardo alla figura del modellista che, trasferendo un’idea in forme compiute, costituisce il ponte tra visione e produzione di un oggetto reale.

Pasquale Loiudice, Giulia Sacchetto e Annamaria Maccapani, Guglielmo Poletti, Marco Secondin, Livia Sperandio, Cren Design.

Dialoghi d'Arte. Evoluzione e ruolo del pubblico delle arti contemporanee

 

Fondazione Cultura, Noli (SV)
02 — 05.05.2019

Pierre Dupont, partner della rassegna "Dialoghi d'Arte", invita gli artisti Hannes Egger, Cleo Fariselli, Roberto Fassone e Nuvola Ravera a presentare quattro progetti inediti che, in linea con l’edizione 2019 di “Dialoghi d’Arte”, vedono la partecipazione attiva del pubblico. Gli interventi artistici - uno per ogni giornata - riprendono alcuni dei temi trattati durante le conversazioni in programma, e sono pensati come un vero e proprio spostamento dal piano teorico a quello pratico. Gli artisti, attraverso la sperimentazione di format differenti, danno vita a delle occasioni di incontro con l'arte contemporanea, innescando una riflessione condivisa attorno all’idea di partecipazione e ruolo del pubblico.

 

Nuvola Ravera, Il palco è vuoto – Palazzo Ducale, Genova
Analizzando il termine “Fomo” - “paura di essere tagliati fuori” - l’artista riflette sui concetti di inclusione e partecipazione. Il pubblico è invitato a svolgere degli esercizi di “educazione al linguaggio” al fine di decostruire il senso di termini ricorrenti nel settore culturale e tentare così di attuare una controriforma del linguaggio.

 

Cleo Fariselli, Fwa - Fondazione Cultura, Noli
Fwa è una seduta di visualizzazione guidata - pratica affine alla meditazione - che l’artista svolge conducendo i partecipanti in una vera e propria attività di produzione di immagini mentali. La visualizzazione proposta è intesa come un’esperienza estetico/artistica, corale e individuale al tempo stesso.

 

Hannes EggerNew Public - Fondazione Cultura, Noli
Incentrato sul coinvolgimento e sull’interazione, New Public propone una situazione aperta, dinamica e al contempo riflessiva: l’artista, attraverso un percorso performativo e con il fondamentale aiuto del pubblico, mette in atto un’inversione dei ruoli tra autore, opera e spettatore, fino a rendere superflua la distinzione tra questi tre elementi.

 

Roberto FassoneQuattro secoli più tardi su di una penisola - Fondazione Cultura, Noli
Roberto Fassone esplora i processi di generazione di idee e intuizioni, riflettendo sul valore che un oggetto comune può acquisire attraverso l’arte. In questa occasione l’artista si soffermerà sulla pratica del dono, lasciando che il suo intervento sia una vera e propria sorpresa per il pubblico.

 

Hannes Egger, Cleo Fariselli, Roberto Fassone, Nuvola Ravera.

La cura nel nascondimento e nella distanza. Una riflessione con Barbara Baroncini

 

Conversazione
Primavera 2020

In queste settimane di isolamento e di lenta ripresa, come collettivo di curatrici ci siamo ripetutamente interrogate su ciò che stava accadendo, sull’opportunità di produrre contenuti, sulle dilaganti inclinazioni digitali e sulle prospettive per il futuro. Ci siamo ritrovate nella distanza, una dimensione a cui siamo abituate poiché viviamo in città diverse, ma che in questo momento ha trovato un senso più profondo e consapevole. Abbiamo riflettuto sulla pratica del collettivo e, secondo il nostro abituale modo di procedere, abbiamo ricercato uno scambio con una figura esterna, aprendo questa riflessione all’artista Barbara Baroncini.

Il nostro contributo nasce dal desiderio di mettere in circolo alcune considerazioni, affrontando il tema della cura a partire da due termini apparentemente lontani da questo concetto: il nascondimento e la distanza.

 

Barbara Baroncini: Come posso curare se sono nascosto e l'altro non mi vede?

 

Pierre Dupont: Partiamo da noi: il nome del collettivo è un nome proprio di persona, a ricordarne l’essenza umana e dunque relazionale. Pierre Dupont è il corrispettivo francese di Mario Rossi, può essere chiunque desideri farne parte e sottende, al contempo, una condizione di nascondimento all’interno della collettività.

Il concetto di esistenza è per noi separato, o da separare, da quello di visibilità. Praticare la cura è come esercitare la propria presenza con discrezione: ritrarsi può essere un atteggiamento non tanto di inattività, assenza o disinteresse, quanto un modo per lasciar essere l’altro.

Il nostro lavoro si situa in questa dimensione di “presente invisibilità”, intendendo la cura come una pratica di ascolto, attenta ad accogliere tutti gli elementi – artisti, luoghi e pubblici – costitutivi di un progetto. Pierre Dupont, identità adattabile e inclusiva, è una prima persona ma plurale.

La cura è per noi una forma di co-esistenza, di “esistere con”, calata in un’attitudine di valorizzazione e riconoscimento reciproco: esercitare il nascondimento per sostenere l’idea di un’esistenza collettiva.

 

Pierre Dupont: La distanza può essere una condizione favorevole alla cura?

 

Barbara Baroncini: 18 metri corrispondono alla giusta distanza che consente agli ulivi millenari di vivere in una condizione sana e virtuosa. Per capire la quantità di spazio necessaria all'ulivo si può usare un semplice metodo visivo, ovvero proiettare a terra l'altezza massima che può raggiungere: maggiore sarà il raggio e migliore sarà lo sviluppo e la salute dell'albero.

Con il lavoro 18 metri (2018) ho raccolto, su una lunga striscia d'argilla, il terreno che incontravo nei 18 metri che separavano due ulivi millenari del Parco Regionale delle Dune Costiere di Ostuni. La distanza è stata coperta con un’azione performativa, un gesto che è diventato la misurazione di una porzione di spazio solitamente considerato marginale e che ho voluto interpretare come una realtà da proteggere e conservare. Nel procedere, la materia si è aggiunta fino a formare una vera e propria scultura. Il risultato finale è l'esemplificazione visiva di una traccia ancora fertile di un territorio complesso, che soffre dei mutamenti irreversibili causati dalla relazione troppo ravvicinata dell'uomo con la Terra.
Penso che in qualsiasi rapporto tra uomo e natura o tra uomini, si parli di cura quando c'è una manifestazione d'interesse verso un'altra esistenza. Ritengo che qualsiasi gesto debba essere sempre compiuto nella prospettiva della lunghezza, con l'idea di prendere in considerazione tutto ciò che sta nel mezzo per attribuirgli una nuova dignità, un inedito significato e un valore. La cura trova terreno fertile quando preserva ciò che già esiste e accompagna la nascita di qualcosa che ancora deve essere realizzato.
Alla base di questo antico sapere contadino, radicato nel rispetto della distanza, il numero non è espressione di quantità ma manifestazione di una ricerca di vita e di benessere collettivo.

 

Numero di piante di ulivo collocabili in un ettaro di terreno

Distanza mt. 4 x 4 = n. piante 625

Distanza mt. 4 x 5 = n. piante 500

Distanza mt. 5 x 5 = n. piante 400

Distanza mt. 5 x 6 = n. piante 333

Distanza mt. 6 x 6 = n. piante 278

Distanza mt. 6 x 7 = n. piante 238

Distanza mt. 7 x 7 = n. piante 204

Distanza mt. 7 x 8 = n. piante 178

Distanza mt. 8 x 8 = n. piante 156

Distanza mt. 18 x 18 = n. piante 25 

 

Barbara Baroncini (1989), artista. Vive e lavora a Bologna.

www.barbarabaroncini.com

PROPAGAZIONI Bollettino di esperienze di campo

Conversazioni
Estate 2020 - estate 2021

Per il numero zero di PROPAGAZIONI Bollettino di esperienze di campo, Pierre Dupont è in conversazione con Pietro Bonfanti, Valeria Codara, Davide Manzoni e Riccardo Preda, tra i fondatori del collettivo Propagazioni. Il confronto con artisti, educatori e un esperto in diritto dell’immigrazione ha generato uno scambio di esperienze, pratiche e modalità progettuali, affrontando tematiche solo apparentemente distanti tra loro.

 

In conversazione con Pietro Bonfanti
Fato Profugus
Un documentario corale per rileggere l’esperienza del Centro di Accoglienza Straordinaria di Vedeseta (BG), realizzato con persone che hanno lavorato o vissuto all’interno del centro e con artisti provenienti da diverse discipline.

 

In conversazione con Valeria Codara
Archivio delle età desiderate
Un progetto fotografico e narrativo per mettere in dialogo donne di generazioni differenti, affinché i singoli saperi, le conoscenze del vivere, le consapevolezze raggiunte da ognuna possano essere tramandate e condivise.

 

In conversazione con Davide Manzoni
Sul confine. Arriva il Corona con il Macarona
Discussione sul senso che la società occidentale attribuisce ai confini, focalizzando l’attenzione su come l’enfatizzazione di questo concetto crei segregazione, paura e discriminazione.

 

In conversazione con Riccardo Preda
Harnet Streets: contro-mappe eritree in Roma
Un progetto che mira a risignificare l’odonomastica coloniale del quartiere africano di Roma attraverso le narrazioni delle persone eritree.

 

Pietro Bonfanti, Valeria Codara, Davide Manzoni, Riccardo Preda
www.propagazioni.it

paradise is exactly like where you are right now only much, much better: Simone Scardino, Greensaver (Atto II)

Palazzo Franzone Spinola di Luccoli, Genova
26.03 – 10.04.2022

In occasione della mostra collettiva paradise is exactly like where you are right now only much, much better, a cura di Virginia Lupo e di Marta Orsola Sironi, Pierre Dupont invita l’artista Simone Scardino (1995, Venaria Reale – vive e lavora a Torino) a presentare il video inedito Greensaver (Atto II) (2020-ongoing). L’opera fa parte di un progetto più ampio iniziato nel 2020 e presentato in una prima forma documentativa presso Progetto Diogene, Torino.

 

Un individuo di spalle si muove all’interno di zone boschive abbandonate indossando una tuta green screen, utilizzata nel cinema come dispositivo per la realizzazione di effetti speciali. La tecnica del cosiddetto chroma key si usa infatti per ambientare soggetti e oggetti su sfondi virtuali, tramite un’ibridazione tra soggetto e ambiente. Se solitamente la tuta è utilizzata proprio per la sua capacità mimetica, in Greensaver (Atto II) l’artificio è reso al contrario palese e visibile, a sottolineare l’incompatibilità tra il nostro attuale modo di esistere e la vita delle altre specie che abitano la Terra. L’ambiente all’interno del quale l’artista si muove è costituito da spazi extraurbani ai nostri occhi invisibili, abbandonati, anonimi, ma solo apparentemente inattivi: questi spazi sono la manifestazione del “Terzo Paesaggio” teorizzato dal biologo e paesaggista Gilles Clément, e costituiscono la base per la biodiversità degli esseri non-umani. Sono aree con un ciclo vitale indipendente dalla nostra esistenza e dalla nostra occupazione degli spazi; il nostro non intervento e il loro aspetto di sospensione sono in realtà espressione della loro vita che continua.

 

Accogliendo la riflessione posta da paradise is exactly like where you are right now only much, much better a rivedere il nostro approccio alla realtà e a decostruire il nostro sguardo, il progetto di Simone Scardino si inserisce nel percorso espositivo per interrogare il rapporto tra umano e non umano, attraverso una narrazione che evidenzia l’esistenza di confini tra “un dentro (di noi) e un fuori (da noi)” e quindi la necessità di un cambiamento. Il testo che accompagna il video, scritto dall’artista e letto da una voce fuoricampo, esplora il concetto di “spazio profondo” a partire dall’espressione “tempo profondo”, utilizzata in ambito geologico per definire una scala temporale che supera immancabilmente la nostra percezione - antropica - del tempo. Attraverso la mancata funzione del dispositivo mimetico, Greensaver (Atto II) realizza un capovolgimento, portandoci così a riflettere su temi urgenti della nostra contemporaneità, quali l’ibridazione, il multispecismo, la coesistenza. La scelta di coinvolgere Simone Scardino muove inoltre dal desiderio di proporre al pubblico l’aspetto plurale e collaborativo della sua produzione: la tuta prodotta per il progetto Greensaver nasce insieme a Giulia Perin, tintora di pigmenti naturali, e al collettivo Muta (Giuliana Meirano e Irene Coscarella), ed è colorata esclusivamente mediante l’utilizzo della clorofilla delle piante.

 

 Simone Scardino

NUMEROZERO | Propagazioni Open Studio

ventunesimo, Torino
23.04.2022

A partire dal contributo per il numero zero di PROPAGAZIONI Bollettino di esperienze di campo, Pierre Dupont invita il pubblico nello studio di ventunesimo, per dialogare con alcune delle persone coinvolte nella pubblicazione e per fruire liberamente degli spazi e dei materiali esposti. La giornata di open studio è pensata come una vera e propria estensione del progetto editoriale all’interno di uno spazio fisico e come ulteriore occasione di scambio attorno a esperienze di campo che indagano i concetti di identità, memoria e confine.

 

Archivio delle età desiderate

Valeria Codara presenta una serie di piccoli faldoni, maneggiabili dal pubblico e realizzati in occasione del progetto Archivio delle età desiderate (2018), che raccoglie riflessioni di donne di differenti generazioni riguardo all’età che sceglierebbero se potessero cambiare la propria. Ogni riflessione è accompagnata da una fotografia che le ritrae all’età scelta: passata, presente o futura. Se alcune delle partecipanti riescono a proiettarsi nel futuro con uno sguardo netto e sognante, altre rimpiangono fasi della vita non vissute appieno. Alcune scelgono un’età “ponte” tra due periodi diversi, altre sono consapevoli che la propria identità deriva dalle scelte fatte e non desiderano essere altro da ciò che sono. Il progetto è a tutti gli effetti un archivio di storie personali a disposizione della collettività: il momento della restituzione al pubblico crea immedesimazione, vicinanza, curiosità e riscoperta della propria soggettività attraverso le scelte e i pensieri condivisi da altre donne.

 

HARNET STREETS: contro-mappe eritree in Roma

Il progetto di Riccardo Preda (collettivo Tezeta) Harnet Streets: contro-mappe eritree in Roma (2020) nasce da un lavoro di risemantizzazione avviato dal collettivo con la partecipazione delle comunità eritree e della cittadinanza all’interno del quartiere africano di Roma, dove nomi di vie e di piazze sono connotati in senso coloniale. Il collettivo, per mezzo di passeggiate in gruppo, propone una contro-mappatura del quartiere, per riappropriarsi grazie alla parola di uno spazio che si è trasformato da un punto di vista semantico. Da queste camminate deriva una raccolta di racconti delle persone eritree coinvolte: un archivio sonoro di narrazioni tanto personali quanto potenzialmente collettive e in continua crescita. L’audio Una storia nera, selezionato per l’open studio, restituisce questo senso di perdita di un legame storico e culturale che si sente l’urgenza di “riabilitare”, e di rimosso nei confronti del passato coloniale italiano scomodo da ricordare.

 

Fato Profugus

Pietro Bonfanti presenta una selezione di scatti d’archivio realizzati dal fotografo Alberto Valtellina durante lo spettacolo Iliade ripreso (1995) di Luì Angelini e Paola Serafini. Le fotografie in bianco e nero ritraggono il momento in cui Achille tiene in pugno Ettore. Luì Angelini e Paola Serafini, anima e corpo della compagnia di teatro d’oggetti “La Voce delle Cose” (Bergamo), sono parte del film-documentario Fato Profugus (2022), che Pietro Bonfanti ha realizzato a seguito della sua esperienza all’interno del Centro di Accoglienza Straordinaria di Vedeseta (BG). Le riprese del film-documentario sono iniziate nel 2019, dopo la chiusura del CAS, in un processo di ricostruzione a posteriori e di documentazione dell’esperienza del post-accoglienza. Testimonianze di alcuni degli ex-ospiti del centro si alternano a contributi di soggetti altri, alcuni direttamente coinvolti nella gestione del CAS, altri invitati a partecipare con i propri saperi – danza, teatro, arti visive – per dare vita a un lavoro documentativo multivocale, di convivenza e co-costruzione.

 

Sul confine. Arriva il corona con i macarona

Davide Manzoni è esperto in diritto dell’immigrazione. La sua esperienza sul campo è un costante lavoro di tutela della legalità e dei diritti di persone migranti. Per questo open studio ha scelto di esporre una copia del volume La frontiera (2015) dello scrittore e giornalista Alessandro Leogrande (1977-2017). Accanto a questo spunto teorico, Davide Manzoni ha selezionato un planisfero politico inizialmente appeso presso la scuola di italiano del CAS di Botta di Sedrina (BG) e utilizzato dalle insegnanti per analizzare le distanze tra gli Stati e localizzare l’Italia rispetto ai Paesi d’origine degli studenti. In un secondo momento il planisfero è stato utilizzato dagli educatori di una comunità per minori stranieri non accompagnati, per tracciare il percorso migratorio dei giovani migranti. I muri sono marcati con nastri adesivi, segno della forzatura del processo di separazione, ma anche della difficoltà di rimozione una volta che la barriera architettonica è stata eretta.

 

Nel 2019 l’artista Lucia Cristiani ha realizzato la performance Sad Short Story About Fear’s Epic Fail per la mostra collettiva “Immersione Libera”, a cura di Giovanni Paolin, Bagni Misteriosi, Milano. Immersi in una piscina, alcuni pallanuotisti, servendosi di tubi galleggianti, hanno delineato sulla superficie dell’acqua aree contenenti centinaia di palline colorate: a ciascun nuotatore corrispondeva una porzione di colore. Dal momento in cui i pallanuotisti iniziavano a muoversi, nel tentativo di rimanere a galla e di mantenere le suddivisioni, le palline strabordavano dal loro spazio, dando origine a una moltitudine via via più multicolore e indivisa. La performance dimostrava, attraverso una restituzione apparentemente giocosa, il fallimentare tentativo di definire e limitare una situazione spontaneamente fluida e mutevole. In occasione dell’open studio Lucia Cristiani espone uno scatto realizzato durante la performance.

 

Pietro Bonfanti, Valeria Codara, Lucia Cristiani, Davide Manzoni, Riccardo Preda

Io sono confine / I am border

PRIMO PIANO - Palazzo Grillo, Genova
04.03 – 08.04.2023

Scarica il foglio di sala

 

La mostra, a cura di Pierre Dupont con Anna Daneri, muove dalla ricerca di Antonino Milotta, dottorando in Scienze Sociali presso l’Università degli Studi di Genova con un progetto volto a individuare metodologie e pratiche artistiche che indagano il fenomeno della migrazione. Il titolo del progetto cita una pubblicazione di Shahram Khosravi (antropologo iraniano e professore di Antropologia Sociale all’Università di Stoccolma) che unisce la ricerca etnografica al racconto della migrazione vissuta in prima persona dall’autore.

 

La mostra è concepita come un vero e proprio spazio di ricerca sociale e riunisce lavori di artistə legatə al contesto italiano che analizzano e raccontano il fenomeno migratorio nelle sue differenti sfaccettature: a partire da una selezione di opere realizzate tra i primi anni Duemila e oggi, il progetto include generazioni diverse e media molteplici, per riflettere sui concetti di identità e memoria, movimento e transito, confini materiali e immateriali. La mostra è concepita come una compresenza di lavori che dialogano tra loro, con lo spazio e con il pubblico, in modo fluido e concettualmente non-limitato, sollecitando analogie visive e di contenuto. Diverse le tematiche proposte dai lavori in mostra, tra cui il rapporto tra lavoro, economia e fenomeni migratori; il tema dell’identità, delle stereotipie e dell’autorappresentazione; i confini fisici, geografici e politici (Fortezza Europa e la cosiddetta “identità mediterranea”); il rapporto tra cambiamenti climatici e flussi migratori; l’esperienza della perdita, dell’accoglienza e dell’appartenenza.

 

Il percorso è scandito da alcune opere-soglia, non strettamente riferite alle tematiche migratorie ma evocative rispetto a temi come viaggio, confine, identità. Altri lavori sono concepiti come presidi esterni allo spazio espositivo, in modo da amplificare il progetto perché possa incontrare pubblici diversi. La mostra propone infine, all’interno di uno spazio-cinema dedicato, una selezione di film, proiettati secondo una programmazione predefinita.

 

Il progetto è in collaborazione con il Laboratorio di Sociologia Visuale dell’Università di Genova (DISFOR).

 

Eventi e progetti collaterali

sabato 4 marzo ore 17.00, sala conferenze di Palazzo Grillo: Iain Chambers, antropologo e sociologo (Università degli Studi di Napoli L’Orientale) in conversazione con Federico Rahola, sociologo (Università degli studi di Genova).

 

sabato 25 marzo ore 17.00, sala conferenze di Palazzo Grillo: Shahram Khosravi, antropologo (Università di Stoccolma) in conversazione con Sandro Mezzadra, professore di filosofia politica (Università degli Studi di Bologna); proiezione del film di Maria Iorio/Raphaël Cuomo Chronicles of that time, 2021.

 

In occasione della mostra, l’artista Fiamma Montezemolo ha realizzato un'edizione limitata in dieci esemplari parte del progetto Passing (2017-ongoing). Il ricavato ottenuto dalla vendita sarà devoluto a Mediterranea/Saving Humans e Progetto 20K.

 

artsonthemove è un progetto di promozione della cultura artistica contemporanea in relazione alle tematiche migratorie ed è realizzato con il sostegno dell’Università degli Studi di Genova: pensato come un archivio collaborativo online, sarà una piattaforma accessibile gratuitamente a tuttə, in italiano e in inglese, ideata per far confluire in un unico database ricerche artistiche e sociali contemporanee. Per approfondire i contenuti della mostra visita artsonthemove.

 

Nico Angiuli, Rossella Biscotti, Liryc Dela Cruz, Pamela Diamante, Binta Diaw, Bruna Esposito, Cleo Fariselli, Claire Fontaine, Invernomuto, Maria Iorio/Raphaël Cuomo, Francesca Marconi, Eva Marisaldi, Elena Mazzi e Rosario Sorbello, Martina Melilli, MASBEDO, Muna Mussie, Andrea Mastrovito, Giuseppe Mirigliano, Ryts Monet, Fiamma Montezemolo, Margherita Moscardini, Adrian Paci, Raziel Perin, Agathe Rosa, Caterina Erica Shanta, Serena Vestrucci, Jonida Xherri, ZimmerFrei